PARTITO DEMOCRATICO, LA SVOLTA NECESSARIA
In questi giorni moltissime sono state le analisi avanzate da giornalisti, parlamentari, amministratori locali (giovani e meno giovani), iscritti e simpatizzanti del PD. In tanti hanno cercato di sviscerare le ragioni di un risultato elettorale deludente, sia alle europee che alle amministrative.
I dati sono, in effetti, impietosi. Certo, l’affluenza è scesa molto, ma come non riflettere sul fatto che solo il 26,1% degli elettori ha votato PD contro il 33,2% delle politiche del 2008. Se ci concentriamo sul Nord, in particolare sul Veneto e sulla Lombardia, constatiamo che il PD è diventato il terzo partito, molto distanziato da PDL e Lega. In Veneto siamo al 20,29% contro il 26,5% di un anno fa. Ciò significa che su 100 persone adulte che incontriamo in strada solo 14,7 hanno votato PD.
È una situazione inquietante. In questi anni, soprattutto negli ultimi mesi, ho percepito che stavamo perdendo il nostro blocco sociale di riferimento. Molti degli elettori ci hanno preferito Berlusconi, Bossi, Di Pietro, Casini. Oppure semplicemente hanno scelto di stare a casa. Perché? Quali sono le ragioni di questa disaffezione? Io ho provato a darmi delle spiegazioni che sintetizzo così.
1. Il partito della “crisi”
In tempi di recessione molti dirigenti del PD hanno come dato l’impressione di “tifare per la crisi”, quasi che l’aggravarsi del disagio sociale potesse tradursi in un vantaggio elettorale per noi. Questa percezione, più o meno diffusa, ha fatto sì che italiani preferissero a noi chi comunicava loro messaggi di speranza e di ottimismo. Berlusconi nascondeva (e nasconde) la reale portata della crisi. Nello stesso tempo, Berlusconi ha accarezzato (e accarezza) ogni giorno l’orgoglio degli italiani………
I nostri imprenditori, gli operai, la gran parte dei cittadini italiani sanno che la crisi non è finita e sanno pure che è destinata a durare a lungo, ma non sopportano quei politici che sulla crisi speculano allo scopo di strappare qualche voto in più. Prima o poi i nodi arrivano sempre al pettine. Tuttavia, se il PD non modifica l’approccio alla crisi, rischiaun ulteriore calo di consensi. L’assurdo è, infatti, che molti scaricano la responsabilità di questa contingenza economica non su chi la governa, ma sull’opposizione. Bisogna cambiare passo e argomentazioni.
2. Il partito “imborghesito”
Il PD sembra sempre più un partito di nicchia. Un partito elitario, distante da chi soffre, distante da quella parte di società che fra mille difficoltà sta tirando la carretta. Lontano dagli operai, dagli imprenditori, dai disoccupati, dai pensionati, dalle casalinghe. Da quelle persone che passano notti insonni perché temono di perdere il lavoro o per il fatto che i soldi non arrivano alla fine del mese. Da quegli imprenditori che non vedono un futuro per la propria azienda e temono di dover licenziare i dipendenti con cui hanno lavorato gomito a gomito per decenni. Da quei titolari di aziende che rischiano di perdere tutto perché le banche hanno chiuso le linee di creditoo perché la pubblica amministrazione paga una fornitura, o un lavoro, dopo molto tempo, anche dopo un anno. Mentre il popolo sconta gli effetti della crisi sulla propria pelle, il PD affronta temi sicuramente importanti, ma con nessuna aderenza alla vita concreta delle persone. Come se il partito fosse di un altro pianeta, parliamo di DICO, di PACS, di Testamento Biologico. E poi ci chiediamo perché gli operai non ci votano più. Prima di discettare dei diritti giusti ma marginali, affrontiamo i diritti fondamentali: il diritto al lavoro, il diritto a una vita dignitosa, il diritto alla sicurezza sul lavoro e nella vita di tutti i giorni, il diritto a uno stipendio equo.
3. La tentazione della battuta e politica dell’immagine
Immaginare di battere Berlusconi ricorrendo alla battuta facile e alla politica dell’immagine è un suicidio. Inseguendolo su questa strada, visti gli scarsi mezzi mediatici a nostra disposizione, e la pochissima attitudine di molti (anzi moltissimi) nostri dirigenti al loro utilizzo, saremo sempre e comunque su un terreno che non ci appartiene. Con il risultato di esporci, ancora una volta, a sicura sconfitta. Dovremmo riflettere, e riflettere molto seriamente, sul fatto che l’unico che è riuscito, in tutti questi anni, a battere Berlusconi è stato l’antidivo Romano Prodi: uomo serio, preparato, tosto, che, tuttavia, non aveva sicuramente dalla sua la caratteristica di essere un bravissimo comunicatore televisivo. Riusciremo a vincere solo nel momento in cui smetteremo di scimmiottare “malamente” il modo di fare del centrodestra. Dobbiamo avere la forza e la capacità di proporre leader seri e preparati, portatori di obiettivi ambiziosi e messaggi mirati che riescano a proporre e, soprattutto, a far capire la linea del partito.
4. Poche risorse per i territori
Nei suoi primi due anni di vita, il PD è stato diretto in modo assolutamente centralista. La gestione Roma-centrica di un partito che si dichiarava “leggero” e di questa leggerezza si faceva perfino vanto è stata una scelta sbagliata. Organizzare manifestazioni, sostenere giornali di partito, letti peraltro da poche migliaia di cittadini, drena milioni e milioni di euro, ma lascia a secco le segreterie locali, provinciali e regionali. Serve una rivoluzione. Il finanziamento pubblico deve essere girato alle organizzazioni decentrate in base all’entità dei voti raccolti, investendo in modo proporzionalmente maggiore nelle zone dove abbiamo ottenuto i risultati più deludenti. È assolutamente necessario che il PD diventi un vero partito federale, con una sua autonomia nella gestione finanziaria e nella proposizione di temi che interessano i territori e i loro cittadini.
5. Una scarsa cultura d’impresa
I mondi produttivi, le PMI, l’artigianato, l’agricoltura, il commercio avvertono il PD come distante. Lo vedono più vicino al pubblico impiego, vicino a quelle categorie che, sempre più, l’opinione pubblica giudica “parassitarie” piuttosto che alle forze più dinamiche del Paese, quelle capaci di affrontare rischi e in grado di trainare l’economia. Il PD ha nel suo codice genetico, nonostante molti lo neghino, una certa diffidenza verso l’imprenditore, verso il padrone o il padroncino. Non sono trascorsi troppi anni da quando alcuni leader del nostro partito definivano i piccoli imprenditori del Nord “egoisti evasori”. Secondo voi quegli elettori hanno dimenticato queste accuse? No, vi garantisco di no. Esiste ancora molta diffidenza nei nostri confronti. Diffidenza ulteriormente accentuata dalla percezione di una vicinanza del PD anche alla grande impresa o a qualche illustre banchiere italiano. Chi rischia e suda tutti i giorni ha l’impressione che il nostro Partito sia amico solo di quella parte del Paese che, in giacca e cravatta, sfrutta quelli che, con la tuta da lavoro, si sporcano le mani per guadagnare la pagnotta. In questo schema è chiaro l’operaio voti con più probabilità la Lega o il PDL piuttosto che noi. Riflettiamoci.
6. La sicurezza tradita
I cittadini hanno paura. Quali che siano i dati sulla sicurezza, questa percezione è una realtà. Proviamo a frequentare le stazioni, i metrò, i mezzi pubblici, le aree più degradate e periferiche delle città italiane. Cerchiamo di comprendere lo stato d’animo di donne che vivono attimi di vero e proprio panico e che, quando arrivano a casa, accendono la tv e si trovano inondate da un’infinità di notizie che raccontano di fatti criminali accaduti nel corso della giornata. Che messaggio diamo noi, come partito, a queste persone? Normalmente siamo sulla difensiva: difendiamo i giudici che magari hanno lasciato a piede libero un delinquente o inflitto una pena irrisoria al “mostro” di turno. Così i cittadini, a torto o a ragione, preferiscono chi ha buon gioco a proporre la linea dura: senza distinguo, senza spiegazioni, senza argomentazioni sui limiti del nostro sistema penale. Certo, su questo terreno noi del centrosinistra ci portiamo dietro il fardello dell’indulto approvato nell’agosto di tre anni fa. Ci vorrà tempo per cancellare dalla memoria degli elettori questa responsabilità (votata anche da Forza Italia, ma in pochi lo ricordano) e per proporre un messaggio netto in grado di conciliare sicurezza e lotta all’esclusione sociale, rispetto delle regole e certezza del diritto.
7. Immigrazione, troppa confusione
L’immigrazione sposta oggi consensi e muove sensibilità. I populisti agitano questo tema, e la lotta ai clandestini, per ottenere facili vittorie elettorali. Eppure, al di là delle strumentalizzazioni, sappiamo tutti che si tratta di un fenomeno epocale frutto delle migrazioni di popoli sfruttati e maltrattati. Persone che scappano dalla morte e dalla fame, per cercare di sopravvivere e di garantire un futuro ai propri figli. Il PD in questi anni ha tenuto la posizione più corretta e razionale. Ma la stragrande maggioranza dei cittadini non l’ha compresa o non l’ha condivisa. Mi è capitato spesso di parlare con nostri connazionali che hanno, in passato, vissuto l’esperienza dell’emigrazione. Ti aspetteresti persone tolleranti che capiscono e accettano il fenomeno. Invece, in molti chiedono rigidità e tolleranza zero. Questo soprattutto perché non concepiscono che “l’ospite” non rispetti le regole del Paese in cui si trova a vivere e perché ricordano che a loro non era concesso “nulla”: bastava uno sgarro e subito erano rispediti a casa. Su questi temi il PD si è dimostrato incapace di comprendere che a pagare la mancanza di sicurezza e di regole sono stati soprattutto i più deboli, le persone che svolgono i lavori più umili, che si spostano sui mezzi pubblici, che frequentano gli ospedali. Che risposte diamo? Non possiamo fermarci alle enunciazioni di principio. L’integrazione deve essere la nostra unica parola d’ordine. Integrazione fatta di diritti ma anche di doveri. Primo fra tutti quello di rispettare le leggi italiane e di conoscere la nostra lingua e le nostre abitudini. Senza scommettere su questo tipo di integrazione saremo sempre sopraffatti dalla Lega che propone soluzioni inefficaci e razziste ma che almeno parla ai cittadini più deboli e dice loro esattamente quello che si aspettano di sentirsi dire.
IMPERATIVO: CAMBIARE!
È indispensabile voltare pagina. È indispensabile che la politica si avvicini ai reali problemi dei cittadini. Da qui deve ripartire il nuovo PD. Servono leader coraggiosi. Servono chiarezza, lealtà, trasparenza. Occorre spezzare l’equazione secondo cui politica significa opacità, slealtà, falsità, incoerenza. C’è bisogno di più umiltà e di una maggiore disponibilità nei confronti degli elettori e dei cittadini.
Sul piano dei contenuti, dobbiamo ripartire dalle difficoltà delle classi più deboli, elaborando risposte concrete per tutte quelle persone che orgogliosamente stanno andando avanti fra mille difficoltà. Dobbiamo smetterla di frequentare i salotti, andiamo nei luoghi di lavoro, nei posti di ritrovo, nelle sedi delle associazioni di categoria. Troviamo soluzioni reali alle paure, all’immigrazione, alla criminalità, alla crisi. In tema di lavoro cambiamo passo e troviamo il coraggio di riconoscere che il rischio d’impresa non è sufficientemente considerato nel nostro Paese e dal nostro partito. Cerchiamo di stare alla larga dalla politica della battuta e dalla tentazione di dichiarare qualcosa tutti i giorni solo per finire sulle agenzie o sui giornali. Costruiamo piattaforme programmatiche articolate nell’impostazione ma semplici nella traduzione dei nostri messaggi. Cerchiamo per ogni problema una risposta chiave, sintetizzabile in poche parole, e realizzabile davvero. Rimettiamo in piedi un partito realmente federale che lasci autonomia finanziaria e politica ai singoli territori.
Abbiamo 100 giorni per proporre alla nostra gente il Partito che vogliamo. 100 giorni per costruire, finalmente, il nuovo PD.
Marco Stradiotto
mauro manzoni
Lug 16, 2009 -
Ciao Marco, volevo farti i complimenti perchè in mezzo a tutte ‘ste analisi da pseudo politologi da talk show sull’esito elettorale, finalmente per la prima volta ho sentito un discorso franco, lucido, obbiettivo, un intervento che mi auguravo prima o poi di sentire e penso atteso da tutti coloro che veramente hanno a cuore le sorti del PD e del paese.
Così come il fatto di averlo pronunciato di fronte alla platea all’assemblea regionale al Crowne Plaza spero possa avere avuto la forza di una “scossa” -altrochè quella di D’Alema!- alla coscienza del partito.
Parole sante, come si diceva una volta, quelle che hai detto. Parole che per una volta mi hanno fatto sentire in sintonia con il progetto del PD che vorrei. Bravo Marco e buon lavoro!
Marco conte
Lug 16, 2009 -
Ciao Marco, volevo risponderti da misero cittadino e sottolineo il misero ma non il cittadino :
Misero perchè mi sento abbandonato dalla classe politica attuale alle mie emergenze quotidiane, che non sono quelle di non avere una profonda conoscenza della filosofia pre-ecuadoregna o l’ignoranza assoluta nei confronti dei canti popolari del mezozoico, ma è l’incubo quotidiano di come riuscirò a pagare il conto al supermercato oggi, se potrò mai fare il tagliando alla macchina entro fine mese ; il pensiero va anche al perchè l’agenzia delle entrate ha rinviato di un mese i rimborsi irpef….porca miseria ci contavo su quei soldi ( me come tutti gli altri italiani ….) .
La preoccupazione non va ai dubbi pantagruelici di Fassino sull’incubo che Grillo gli soffi la poltrona di leader del PD, ma se mai riuscirò a mettermi in pari con le spese condominiali ( se i rimborsi irpef fossero stati pagati sarei a posto e non in ritardo di un mese ) . Il mio pensiero raramente corre al G8 di Berlusconi, non me ne importa una cippa se Obama scorreggia a tavola e Sarcozy rutta con la minerale…….non mi interessa che Gheddafi odia i piselli…..davanti a tanta abbondanza ( e spreco ) mi viene da vomitare pensando che c’è gente che dovrà affrontare l’inverno in tenda….e che continua a mangiare alla mensa ( modello naja ). Mi sento esaurito di fronte alla tracotanza di molti politici che al
posto rimboccarsi le maniche continuano a fare ” ANCORA ” campagna elettorale. Molti Politici ( e ti dico quello che vedo ) pensano esclusivamente al proprio posto e continuano a pensare alle quote di mercato perse….sembrano i dirigenti Fiat che hanno quasi disintegrato l’azienda a furia di voler mantenere le quote di mercato ad ogni costo. Che fiducia può dare agli italiani una classe dirigente che da la costante impressione di pensare alla propria immagine ?? Tralascio la risposta, leggermente sul volgare.
Questione elezioni provincia di Venezia : dimmi che cosa posso pensare di uno Zoggia che non faceva altro che andare a tastare il polso della gente al mercato …….strano che non abbia preso un ceffone………Tralascio altri commenti….Secondo il mio , sempre misero, parere se si faceva vedere da qualche altra parte avrebbe vinto le elezioni. Dove ?? Mah, magari non in svariati centri sociali e mercati, magari in qualche ufficio postale a fare la fila al posto di qualche anziano con problemi di deambulazione, in qualche anagre comunale ( sempre a fare la fila al posto di qualcun altro ) . Sarebbe bastato semplicemente vederlo al lavoro , con le maniche arrotolate : non doveva fare il politico, ma sembrare un cittadino qualunque affetto dai medesimi problemi e incubi di tutti.
Spero di essere stato esaustivo e non offensivo.
Marco Conte
carla cartoni
Lug 20, 2009 -
Ciao Marco,
mi interessano le tue posizioni, che hai ribadito al Convegno di Roma sui 100 giorni dove ti ho seguito partecipando al gruppo di lavoro B nel cui ambito ho cercato di spiegare il motivo per cui, per la prima volta nella mia vita, non avevo votato alle elezioni europee pur essendo una convinta sostenitrice della necessità che il (nuovo!) PD si affermi.
Tu hai ragione: nel PD c’è una scarsa cultura d’impresa, retaggio di una concezione basata su una contrapposizione tra capitale e lavoro che, evidentemente, ignora che il 60% dei piccoli imprenditori sono ex lavoratori dipendenti che lavorano fianco a fianco con i loro operai.
C’è, però, anche un altro limite nella cultura del PD: la diffidenza nei confronti di tutti i lavoratori autonomi considerati sprezzantemente come coloro che non pagano le tasse. Col bel risultato che solo il 17,3% degli autonomi vota PD, a fronte del 55% che vota PDL o Lega.Il fatto che, come le statistiche dimostrano, gli autonomi evadono in massa le tasse e che invece i dipendenti le pagano non deriva però dal fatto che i dipendenti sono virtuosi e gli autonomi imbroglioni; deriva semplicemente dal fatto che i dipendenti sono obbligati a pagare le imposte, mentre non si è mai fatto nulla di serio per far pagare gli autonomi ma si è preferito, anche durante l’ultimo governo Prodi, aumentare le aliquote a chi già le tasse le pagava.Aggiungo che, a mio parere, nessun cittadino pensa che le imposte siano BELLE, come diceva Padoa Schioppa, ma che molti cittadini, autonomi compresi, sarebbero disposti a pagare le tasse se, come ad esempio avviene nel Nord Europa, i servizi funzionassero. Fino a quando i cittadini avranno la sensazione che le tasse servono a finanziare la corruzione e non a finanziare i servizi, chi può sceglierà i partiti che consentono loro di non avere regole e di evadere le tasse. La politica non può fare appello alla virtù, perché – purtroppo- pochi rispondono a questo tipo di appello, ma deve adoperarsi per creare servizi efficienti e far pagare meno ma far pagare tutti.
Giancarlo Pesce
Lug 29, 2009 -
Ciao Marco,
bell’articolo, davvero, da buon veneto di sinistra!
Solo una nota sul punto 3: secondo me a sconfiggere Berlusconi per ben 2 volte non e’ stato Prodi, ma e’ stato Berlusconi stesso con i suoi Governi inconcludenti se non dannosi.
Buona fortuna Senatore!
Gico.