Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, la situazione dei conti pubblici è critica ed era necessaria una manovra correttiva. I numeri parlano chiaro: il debito pubblico ha raggiunto livelli incredibili, altissimi pari al 118 per cento del prodotto interno lordo. I dati di ieri della Banca d’Italia confermano che il debito ammonta a 1.827 miliardi; un deficit superiore al 5 per cento, una crescita molto bassa, appena sopra di qualche decimale dello 0,5 per cento; una disoccupazione che cresce e che colpisce soprattutto i giovani, le donne, un’evasione fiscale altissima stimata intorno ai 120 miliardi di euro, l’8,2 per cento del prodotto interno lordo; stipendi più bassi rispetto agli altri Paesi occidentali; una pubblica amministrazione abituata a pagare in ritardo; a volte i pagamenti arrivano dopo un anno, sei mesi o anche di più; un debito “nascosto” di cui non parliamo perché stiamo parlando di 60-70 miliardi di euro che la pubblica amministrazione non trattiene e ritarda appunto nel pagamento di beni e servizi. I numeri sono assolutamente impietosi e nonostante questo ho avuto modo di sentire in questi giorni, in questi mesi che questa manovra ci viene chiesta dall’Europa. Non è chiesta dai nostri numeri o dalla conduzione della nostra economia, ma sembra una necessità per rispondere ad esigenze esterne. Non andiamo meglio degli altri Paesi europei. Assolutamente no! Se il nostro Paese tiene è merito degli italiani. Non è sicuramente merito del Governo, di Tremonti, della politica in generale. Il nostro Paese tiene dal punto di vista economico e finanziario perché gli italiani sono delle formichine. Il risparmio privato, l’indebitamento delle famiglie è molto più basso rispetto a quello degli altri Paesi occidentali. Questa è la situazione e la realtà. Rispetto a ciò, rispondendo a chi sostiene che questa manovra è stata fatta per rispondere all’Europa, sarebbe intanto il caso di espungere da questa manovra le norme clientelari che fanno a pugni con la coerenza europea. Sto pensando alle norme relative alle quote latte o a quelle sui lavori socialmente utili (LSU) o anche ad altre norme clientelari che nulla hanno a che vedere con la sistemazione dei conti pubblici. Per quanto riguarda il nostro Paese, la manovra che voi proponete si limita ad una serie di tagli lineari e non affronta i temi in profondità, né va ad affrontare la situazione italiana con una pubblica amministrazione che mediamente non funziona, ma che in ogni caso presenta alcuni punti di eccellenza. Nel momento in cui si procede con dei tagli lineari ovviamente si danneggia proprio quella parte della pubblica amministrazione che funziona meglio.
In questo senso dovremmo tutti porci alcune domande, domande che voglio rivolgere ai rappresentanti della maggioranza e del Governo. Questa manovra aiuta la crescita? Assolutamente no. È una manovra che deprime la crescita, una manovra regressiva. Le manovre presentate aiutano l’occupazione? Combattono il fenomeno della disoccupazione? Assolutamente no. Trattandosi di una manovra regressiva, la disoccupazione aumenterà nel corso dei prossimi mesi e del prossimo anno. La manovra diminuisce la pressione fiscale? No, la manovra aumenta la pressione fiscale. Qualcuno potrebbe dire che non sono previste norme che potrebbero determinare un aumento della pressione fiscale. In realtà, il taglio effettuato nei confronti degli enti territoriali, ai comuni e alle regioni, comporterà indirettamente un aumento della tassazione locale e conseguentemente un aumento della pressione fiscale che già è ai massimi livelli, se si considera la storia della nostra Repubblica. Non si era mai raggiunto il 43,2 per cento rispetto al prodotto interno lordo. È una percentuale che manifesta una linea di tendenza, anche se in ogni caso non tiene conto del sommerso. Pertanto, per coloro che pagano le tasse si tratta di una percentuale ancora più alta. Le norme contenute in questa manovra sono coerenti con l’impianto federalista della legge n. 42 del 2009? Assolutamente no. Di fronte a me siede il collega Garavaglia, rappresentante della Lega, che stimo profondamente e al quale, nella sua veste di sindaco, voglio chiedere se quando si prevedono tagli lineari verso tutti gli enti locali nella stessa misura, non premiando dunque gli enti virtuosi, si ritrovano all’interno di una previsione del genere i principi indicati nelle norme sul federalismo. Assolutamente no. Il federalismo si basa su una maggiore autonomia accompagnata da una maggiore responsabilità, che in questo senso manca. Quando il presidente Formigoni ha detto che questa manovra è la tomba del federalismo, credo avesse assolutamente ragione. In questo senso, durante la discussione in Commissione, non è stato possibile apportare quei correttivi che sarebbero stati necessari al fine di raccordare le due normative e fare in modo che corressero in parallelo in modo che quando si arriverà a discutere di federalismo fiscale effettivamente si realizzino i presupposti e gli agganci per poterlo fare bene. La manovra incentiva gli investimenti? Assolutamente no. Il patto di stabilità così delineato impedisce agli enti territoriali di fare investimenti. Spesso e volentieri alcun comuni si ritrovano con avanzi di amministrazione che giacciono nelle casse comunali e che non possono essere spesi perché le norme sul patto di stabilità impediscono di spendere le disponibilità economiche in capo ai comuni in opere che possono essere “cantierate” nel giro di pochi mesi e che quindi darebbero in poco tempo un vantaggio significativo alla ripartenza del volano del settore edilizio o del settore delle costruzioni. La manovra corregge l’anomalo funzionamento dei pagamenti nella pubblica amministrazione? Assolutamente no. Noi accettiamo che la pubblica amministrazione paghi di più beni e servizi perché è sottinteso che essa paghi a distanza di sei mesi o addirittura di un anno. È un’assoluta incongruenza rispetto all’obiettivo che ci si pone di ridurre la spesa pubblica. È perfettamente noto che se si vuole pagare meno un bene o un servizio bisogna procedere al pagamento in tempi celeri rispetto al momento della fornitura o del servizio ottenuto. Questo succede normalmente nel privato; il pubblico fa esattamente il contrario rispetto a questa possibilità. Quindi, non andiamo a incidere sui pilastri fondamentali per far ripartire il Paese e la crescita, ossia per una ripresa dei consumi, degli investimenti e delle esportazioni. In merito, abbiamo fatto delle proposte contenute nella relazione di minoranza che ha esposto ieri il collega Giaretta: un fisco più equo, amico delle famiglie e che aiuti le imprese che assumono; un fisco e una tassazione più severa nei conferiti delle rendite finanziarie, perché di fatto questo Paese è solo unicamente sulle spalle dei lavoratori dipendenti e delle persone a reddito fisso; una riduzione della spesa corrente che non sia fatta in termini lineari ma che vada realmente ad incidere sugli sprechi. Per fare questo dobbiamo fare un’analisi, capitolo per capitolo, di ogni bilancio, settore per settore, servizio per servizio di ogni Ministero, di ogni Regione e Comune e per far questo serve un Patto di stabilità che responsabilizzi sindaci, funzionari, dirigenti, non meccanismi lineari che non danno alcun tipo di responsabilità. Infine, voglio soffermarmi sulla questione relativa agli enti locali e territoriali.
Vorrei comprendere, e lo chiedo al rappresentante del Governo ed al relatore (che non vedo ma che so che è sindaco): considerate veramente gli enti territoriali come un peso per questo Paese? All’interno della pubblica amministrazione siete veramente convinti che di tutto il comparto la parte peggiore sia quella costituita dagli enti territoriali, la periferia? Ho questa sensazione, perché quando vediamo i tagli e andiamo a verificarli proprio dal punto di vista quantitativo ci accorgiamo che gran parte della manovra spesa sulla periferia è caratterizzata da tale considerazione. Vi posso garantire, ma spero che anche voi siate di questo parere, che in periferia le risorse vengono spese molto meglio che nello Stato centrale. Serve quindi una manovra completamente diversa in merito e quel che abbiamo chiesto è un patto di stabilità completamente diverso, più responsabile. Viceversa, se continuate in questo modo l’anno prossimo si porrà in essere una vera e propria macelleria sociale all’esterno, con tagli al sociale, quindi ai portatori di handicap, agli anziani, ai minori, ed alle scuole materne, e tagli alle attività scolastiche. Guardate che sulle spalle dei Comuni vi sono le attività di sostegno alle scuole, le attività di sostegno per l’integrazione dei figli degli immigrati; la questione relativa alla sistemazione e manutenzione di scuole e strade. I meccanismi messi in atto in questi anni sul patto di stabilità ed i tagli apportati in modo lineare hanno di fatto prodotto un taglio di tutti questi interventi. Per tali ragioni credo che serva assolutamente un cambio di passo, altrimenti vi accorgerete effettivamente l’anno prossimo che la macelleria sociale che dite di non volere fare l’avete delegata agli altri. (Applausi dal Gruppo PD).