CITTÀ METROPOLITANA, UNA TEMPESTA IN UN BICCHIER D’ACQUA!
Il decreto sulla cosiddetta Spending review approvato ai primi di agosto 2012 non dispone solo la riorganizzazione e la riduzione del numero delle Province, ma anche l’attivazione delle Città Metropolitane previste dal titolo V della Costituzione. Concretamente questo significa che a partire dal primo gennaio 2014 le province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria saranno sostituite dalle rispettive Città Metropolitane.
La norma prevede che il territorio della nuova entità coincida con quello della provincia soppressa, fermo restando il potere dei comuni interessati di deliberare, con atto del consiglio, l’adesione alla città metropolitana o, in alternativa, a una provincia limitrofa ai sensi dell’articolo 133 comma primo della Costituzione.
Ci si domanda il perché di questa accelerazione sulle Città Metropolitane dopo che per oltre 10 anni sono esistite solamente sulla carta? La risposta è semplice: il governo ha usato la possibilità di creare le Città Metropolitane per abolire 10 Province in più.
Dunque il vero problema, a mio parere, sta tutto nel fatto che alla base del rilancio delle Città Metropolitane doveva esserci un’idea propositiva chiara di riorganizzazione delle autonomie locali e dei servizi, invece troviamo solo la cancellazione di 10 province in più. Con la conseguenza, sancita dalla norma, che la Città Metropolitana non diventa, come sarebbe necessario, una sorta di super Comune, ma di fatto si limita a sostituire la scomparsa provincia.
Per questo che ritengo che tutta la discussione nata sul tema in questo ultimo mese altro non sia che una tempesta in un bicchier d’acqua!. La città metropolitana così disegnata non cambia l’autonomia dei singoli Comuni e di fatto né lo Stato né la Regione consegneranno alla Città Metropolitana più competenze.
Vorrei così tranquillizzare quei cittadini e quegli amministratori del miranese che sono preoccupati di perdere l’autonomia comunale e che – per contro – dichiarano che preferirebbero passare sotto le province di Treviso e Padova. Mollare Venezia significherebbe perdere l’opportunità di ottenere vantaggi non indifferenti sia sul piano economico che sul piano dell’immagine mentre entrare nella città Metropolitana non comporta nessuno svantaggio rispetto ai comuni ricadenti nei territori che rimarranno inquadrati sotto le nuove Province.
Sottrarsi oggi alla prospettiva della Città Metropolitana sarebbe un modo semplice per evitare di affrontare l’ostacolo, un modo per evitare la necessità di rivedere l’organizzazione e la funzionalità delle autonomie locali e dei servizi erogati. Non credo quindi che ci sia volontà di sottrarsi alla prospettiva della Città Metropolitana, ad esclusione di quei pochi che intendono strumentalizzare il problema per ottenere un ritorno d’immagine, tanto più che il rischio oggi concreto è che si crei un nuovo ente con scarse competenze e poteri assai più del pericolo di perdere autonomia da parte dei territori.
A Sindaci e agli amministratori comunali del miranese faccio quindi un solo appello: non si faccia il gioco delle bandierine o dei quattro cantoni, ma ci si impegni per fare squadra proponendo un documento comune e condiviso tra tutti gli amministratori dei Comuni del veneziano. Vorrei poter leggere nel documento l’aspirazione a che la Città Metropolitana sia un ente forte, guidato da un Sindaco Metropolitano eletto direttamente dai cittadini. Se per raggiungere questo scopo sarà necessario modificare la norma, noi parlamentari faremo la nostra parte!.
A chi teme che in questo modo si rischi la nomina di “Doge” veneziano rispondo che con l’elezione diretta il Sindaco sarà con molta probabilità una figura proveniente dalla “terra ferma”.
Marco Stradiotto