Articolo pubblicato su Il Mattino di Padova del 21 febbraio 2012
L’autonomia sacrosanta degli enti locali si difende consentendo loro l’impiego legittimo delle risorse in cassa per pagare i fornitori.
LE AUTONOMIE LOCALI SONO STATE CALPESTATE DAL MECCANISMO DEL PATTO DI STABILITA’ APPROVATO DAI GOVERNI SOSTENUTI DA LEGA E PDL . INVECE DI FARE l’INUTILE POLEMICA , DI QUESTI GIRNI SULLA TESORERIA UNIFICATA, SERVIREBBE ANDARE ALL’ORIGINE DEL PROBLEMA SAREBBE NECESSARIO MODIFICARE IL MECCANISMO DEL PATTO DI STABILITA’.
Attorno alle nuove norme sulla Tesoreria unificata si è aperta una discussione che merita di essere approfondita. La decisione del Governo Monti tocca una situazione, formatasi negli anni scorsi, a dir poco paradossale. C’è un filo rosso che unisce i problemi dell’autonomia finanziaria dei Comuni, il ricorso dello Stato all’indebitamento, i ritardi nei pagamenti verso i fornitori della Pubblica Amministrazione e le regole assurde del Patto di Stabilità.
Il paradosso è questo. Da un lato ci sono gli enti locali. Hanno a disposizione una liquidità che, a causa delle norme del Patto, non possono usare per pagare i fornitori, ma possono invece sfruttare per ricavare un interesse attraverso operazioni finanziarie proprie. Dall’altro lato c’è lo Stato, che paga ogni anno sempre più interessi sul debito pubblico.
Abbiamo due fenomeni complementari. Lo Stato ricerca liquidità e pur di averla è stato disposto a pagare interessi fino al 7%. Contemporaneamente, gli Enti Locali affidano la propria liquidità al mercato, incassando interessi compresi tra il 2% e 4%, attraverso operazioni finanziarie della durata inferiore l’anno, sempre per non sforare il Patto di Stabilità. L’assurdità è che nel frattempo lo Stato è stato costretto a compensare le maggiori spese per interessi, tagliando proprio i trasferimenti agli Enti locali. Il cane si morde la coda, mentre, nel frattempo, chi paga il prezzo maggiore sono le imprese in attesa di essere pagate dalle pubbliche amministrazioni.
Se la liquidità impegnata in operazioni finanziarie dagli Enti Locali fosse stata usata per pagare i fornitori, ci sarebbe stato un impatto positivo sull’economia italiana. Il Patto di Stabilità non lo ha consentito ed è anche per questo che deve essere modificato. Questa situazione paradossale dimostra che la distorsione sui ritardati pagamenti verso le imprese non è figlia delle norme sulla Tesoreria unica, ma delle regole assurde del Patto. È giusta la battaglia che gli Enti Locali lanciano a difesa della propria autonomia, ma il vero obiettivo di chi ha a cuore l’autonomia dei Comuni dev’essere la modifica del Patto di Stabilità.
Il presidente di una Provincia del Veneto ha dichiarato di aver realizzato due rotatorie grazie agli interessi maturati con le operazioni di tesoreria. Ecco il punto: quelle rotatorie sono opere realizzate con gli interessi maturati su somme che spettavano ai creditori della Pubblica Amministrazione. Ci sono imprenditori che sono arrivati al suicidio a causa anche dei crediti attesi dalle pubbliche amministrazioni. Piangerli serve a poco se non si modifica un Patto di Stabilità che vieta agli Enti Locali di pagare chi ha lavorato, permettendogli invece di usare quelle stesse risorse per compiere operazioni finanziarie.
Credo che l’equità del sistema sarebbe maggiore se ai Comuni fosse permesso di usare le risorse che hanno in cassa per pagare nei tempi giusti i loro fornitori. Per questo in prospettiva serve una modifica del Patto di Stabilità. Intanto però la tesoreria unica può essere uno strumento utile per ottenere che i benefici ottenuti dallo Stato centrale siano redistribuiti agli Enti Locali e ai creditori della Pubblica Amministrazione.
Marco Stradiotto
Senatore del Partito Democratico
valerio
Mar 4, 2012 -
Ciao, Marco.
E’ sicuramente vero che il problema è il patto di stabilità che non consente agli enti pubblici locali di pagare i fornitori pur avendone le capacità finanziarie, ed è vero che lo Stato taglia i trasferimenti ai Comuni perché non riesce a finanziarsi da solo.
Però vorrei sottolineare una cosa: non esistono gli “Enti pubblici locali”! Esistono il comune di Martellago, il comune di Meolo, la Regione del Veneto, la Regione Calabria, il Comune di Mondovì, l’Asl di Venezia, quella di Asolo, l’Università di Urbino e quella dell’Insubria…
Esistono cioè enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità e hanno messo via i soldini (nella speranza di poterli spendere in futuro), ed enti locali che invece li hanno spesi e spanti.
Il provvedimento del governo permette allo Stato (ente non-virtuoso per eccellenza) di appropriarsi delle risorse degli enti virtuosi in cambio di un pagherò.
E’ giusto? E’ così che si incentivano le buone ammiinistrazioni?
Lorenzo Torbidoni
Mar 5, 2012 -
Concorco pienamente, la battaglia va fatta sull’allentamento del patto per consentire la conclusione delle opere pubbliche finanziate negli anni precedenti con regole diverse.
Vorrei allegare un mio articolo in merito :
IL PATTO DI STABILITA’ 2012
PER I COMUNI E LE PROVINCE ?
…….dall’effetto matrioska…….ad un calcolo più equo…..fino alla
“trappola della liquidità”…!
La modalità di calcolo dell’obiettivo di saldo finanziario ai fini del patto di stabilità interno per comuni e province è basata sul principio di saldo finanziario tra entrate finali meno spese finali (in termini di competenza c.d. mista e cioè competenza per la parte corrente e cassa per quella in conto capitale) tendente allo zero, aumentato poi di una quota pari ad una percentuale sulla media della spesa corrente del triennio 2006/2008 diminuita dell’importo pari ai tagli dei trasferimenti statali subiti da ciascun ente.
Tale sistema mette in gravi difficoltà quegli enti che svolgono funzioni attribuite e/o delegate da altri enti ed in maniera particolare le province per i trasferimenti regionali; basti osservare i dati di bilancio di un’amministrazione provinciale marchigiana il cui obiettivo di saldo finanziario 2012 è il seguente:
TAB. 1
A media della spesa corrente del triennio 2006-2008 :
mgl €
2006 94.768
2007 94.326
2008 97.832
totale 286.926
media 95.642
B percentuale di miglioramento del saldo per le province è del : 16,9%
C applicazione della percentuale alla media sopra determinata : 16.163
D detrazione dei tagli dei trasferimenti statali 1.924
E obiettivo così determinato C-D 14.239
Per il fatto di svolgere funzioni attribuite e/o delegate dalla Regione la Provincia in esame (ma si può estendere alla generalità delle province) si trova ad avere un obiettivo di saldo finanziario più pesante di 8 milioni di euro come si evidenzia alla tab. 2 calcolata depurando la spesa media corrente dai trasferimenti regionali aventi carattere di vincolo di destinazione che rappresentano esattamente il 50% del bilancio corrente
TAB. 2
A media della spesa corrente del triennio 2006-2008 :
mgl € vincolate regione
Vinc. entrate tributo discarica spesa netta
2006 94.768 43.369 3.394 46.763 48.005
2007 94.326 44.553 3.499 48.052 46.274
2008 97.832 44.873 3.088 47.961 49.871
totale 286.926 132.795 9.981 142.776 144.150
media 95.642 47.592 48.050
B percentuale di miglioramento del saldo per le province è del : 16,9%
C applicazione della percentuale alla media sopra determinata : 8.120
D detrazione dei tagli dei trasferimenti statali 1.924
E obiettivo così determinato C-D 6.196
F aggravio dipendente da trasferimenti regionali 8.043
Ora le domande da porsi sono le seguenti:
come può la Provincia raggiungere il saldo finanziario di 14 milioni di euro non avendo la possibilità di incidere su quella spesa vincolata alle entrate regionali ?;
come può far gravare le manovre di aggiustamento solamente su quella quota di spesa netta di 42 milioni (vedere successiva tab. 4) ?; di fatto la percentuale di miglioramento si raddoppia passando dal 16,9 % al 33,3 %.
Risulta certamente più equo ricalcolare l’obiettivo escludendo la parte vincolata sulla quale la Provincia non ha, tra l’altro, alcuna possibilità di manovra.
Si osservino ora i due diversi equilibri di patto 2012 con riferimento alle norme attuali (tab.3) ed al calcolo di saldo finanziario obiettivo in maniera più equa tra enti (tab. 4):
TAB. 3
Equilibrio patto
ENTRATE mgl €
Titolo I 40.236
Titolo II 59.775
entrate vincolate
Titolo II al netto vincoli 59.775 59.775
Titolo III 4.520
Titolo IV trasferimenti 7.234
Titolo IV alienazioni 7.445
TOTALE 119.210
SPESE
Titolo I 95.814
spese vincolate
Titolo I al netto vincoli 95.814 95.814
Titolo II 9.157
104.971
SALDO 14.239
OBIETTIVO 14.239
SCOSTAMENTO –
Entrate correnti 104.531
Spese correnti 95.814
Margine corrente 8.717
Obiettivo 14.239
Capacità spesa capitale – 5.522
TAB. 4
Equilibrio patto
ENTRATE mgl €
Titolo I 40.236
Titolo II 59.775
entrate vincolate 53.931
Titolo II al netto vincoli 5.844 5.844
Titolo III 4.520
Titolo IV trasferimenti 7.234
Titolo IV alienazioni 7.445
TOTALE 65.279
SPESE
Titolo I 95.814
spese vincolate 53.931
Titolo I al netto vincoli 41.883 41.883
Titolo II 17.200
59.083
SALDO 6.196
OBIETTIVO 6.196
SCOSTAMENTO – 0
Entrate correnti 50.600
Spese correnti 41.883
Margine corrente 8.717
Obiettivo 6.196
Capacità spesa capitale 2.521
Un’evidente stortura del patto è quella relativa al fatto che l’obiettivo 2012 (14,2 milioni) è più elevato del margine corrente (8,7 milioni) inteso quale differenza tra entrate correnti meno spese correnti (accertamenti ed impegni a consuntivo, previsioni iniziali a preventivo); ciò vuol dire avere una capacità negativa di pagamento in conto capitale, se non si riesce a vendere il patrimonio e/o ad avere sufficienti trasferimenti di capitali; dalla tabella 3 emerge il fatto che anche non eseguendo pagamenti in conto capitale, occorre reperire 5,5 milioni per raggiungere l’obiettivo di patto e tenuto conto che le funzioni non fondamentali oramai rappresentano poco più di un milione di euro (pari a circa il 3% della spesa corrente al netto di quella vincolata) occorrerebbe iniziare a ridurre le funzioni fondamentali (strade, scuole, fiumi, mercato del lavoro, ambiente ecc…).
Si osservino le relazioni, negli ultimi quattro esercizi finanziari, tra margine corrente, obiettivo di saldo finanziario e capacità di spesa per investimenti riassunte nella tabella 5;
TAB. 5
mgl € 2009 2010 2011 2012
margine corrente 5.755 7.018 8.232 8.718
obiettivo patto – 7.547 – 3.455 – 4.500 14.239
capacità spesa investimenti 13.302 10.473 12.732 – 5.521
ciò significa che l’ente ha razionalizzato moltissimo la spesa migliorando il suo margine corrente di 3 milioni di euro pari al 51,5% (da 5,7 a 8,7 milioni); questa politica di bilancio, però, non appare sufficiente a raggiungere obiettivi di patto via via sempre più elevati; evidenti ed impressionanti sono le ripercussioni negative sulle capacità realizzative delle opere pubbliche regolarmente finanziate negli ultimi esercizi finanziari, specialmente per un ente come la provincia per natura “portato” agli investimenti infrastrutturali del suo territorio.
Il calcolo più equo riporta almeno l’obiettivo 2012 al di sotto del margine corrente (6,2 milioni), come risulta evidente sempre alle tabelle 3 e 4, aumentando la possibilità di effettuare pagamenti in conto capitale di ben 8 milioni (da 9,2 a 17,2 milioni nei due diversi equilibri).
Com’è noto il margine corrente (nell’esempio pari a 8,7 milioni nel 2012) serve per pagare il rimborso delle quote capitali dei mutui e prestiti di cui al titolo III della spesa che rimane fuori-patto; anche nell’ipotesi in cui l’ente estinguesse il debito residuo si produrrebbe comunque un’ avanzo di parte corrente di 8,7 milioni che non sarebbe sufficiente a raggiungere l’obiettivo di patto e non potrebbe neanche essere dirottato al pagamento degli investimenti; ma tutto ciò non significa chiedere ai cittadini di quel territorio entrate tributarie superiori al reale fabbisogno in termini di servizi che sono garantiti da quel livello di spesa corrente ? Quale nesso tra centro di spesa e responsabilità del prelievo ? Quale nesso vedo-pago-voto ? Perché far pagare di più ai cittadini rispetto al costo reale di quei servizi ?
Per gli enti fortemente dipendenti da trasferimenti dalla Regione e/o da altri enti si potrebbe, pertanto, iniziare ad evidenziare i due obiettivi di patto 2012 nella maniera indicata cercando di trovare soluzioni in sede di patto regionale (verticale e orizzontale) che almeno elimini l’effetto distorsivo evidenziato.
Se non si riuscisse ad eliminare questa stortura, una provincia, in maniera unilaterale, potrebbe cercare di rispettare il patto assumendo minori impegni di parte corrente rispetto a quelle entrate che hanno un vincolo di destinazione in misura pari all’importo di miglioramento del saldo che deriva dalle spese vincolate (nell’esempio 8 milioni di euro) sulle quali però, è bene ribadire, non ci sono margini di manovra; non è il caso di superare subito questo effetto matrioska per cui i trasferimenti tra enti contano nel saldo finanziario obiettivo di patto (incidendo nella media di spesa corrente) tante volte quanti sono i passaggi tra i diversi livelli istituzionali? (valga per tutti l’esempio del trasporto pubblico locale: dalla regione alla provincia e poi al comune fino alle aziende partecipate…ecc…).
Non è il caso di ritornare alle “origini del patto”, quando i movimenti finanziari all’interno degli enti aderenti al patto stesso venivano sterilizzati?
E’ troppo chiedere che siano eliminate anzitutto queste due storture ? ripristinando due principi basilari quali:
1 – esclusione dalla base di calcolo della spesa media corrente di quelle tipologie di spesa vincolate alle entrate;
2 – limite invalicabile di obiettivo di saldo finanziario non superiore al margine corrente.
Per un percorso di maggiore equità servirebbero, inoltre, due misure per favorire il completamento delle opere pubbliche avviate nei precedenti esercizi finanziari da un lato e incentrare il patto di stabilità su nuove regole dall’altro:
a – sblocco di una percentuale dei residui passivi del conto capitale per almeno il 10% dell’importo risultante dal rendiconto per impegni assunti fino al 2010 (quando le regole di patto erano diverse e non prendevano a base di riferimento la media della spesa corrente di un triennio); tale sblocco può essere necessario per almeno due/tre anni (occorre del tempo, del resto, per adeguarsi alle nuove regole);
b – differenziare le manovre correttive di patto tra gli enti in funzione del livello di indebitamento (debito residuo pro-capite o rapporto debito residuo-entrate correnti) in maniera tale da far fare sacrifici maggiori a chi è più indebitato costringendolo a rientrate entro indici definiti a priori (esempio, entro la media regionale di indebitamento).
In assenza di provvedimenti correttivi da parte del governo centrale che compensi sul suo bilancio l’alleggerimento verso le autonomie, tornano alla mente le famose giraffe descritte da J.M. Keynes nella critica che svolgeva al liberismo e ai suoi principi “Se lo scopo della vita è di cogliere le foglie dagli alberi fino alla massima altezza possibile, il modo migliore di raggiungere questo scopo è di lasciare che le giraffe dal collo più lungo facciano morire di fame quelle dal collo più corto”; oggi lo Stato centrale assume le sembianze delle giraffe dal collo lungo relegando gli Enti Locali al ruolo delle giraffe dal collo più corto !.
Ritornando al caso preso in esame l’ente, per raggiungere l’obiettivo di patto 2012, si troverà di fronte alle seguenti alternative:
I – cercare anzitutto di alienare una parte considerevole del proprio patrimonio, operazione alquanto difficile in un momento di fortissima crisi economica; occorre tra l’altro evidenziare che tali introiti serviranno non per avviare nuove opere ma per rifinanziare quelle avviate legittimamente negli esercizi finanziari precedenti;
II – contare sui trasferimenti di capitali, prevalentemente regionali, sembra altrettanto difficile sia per la riduzione già avvenuta degli stessi, sia perché rappresentano un boomerang in quanto tali finanziamenti, se possono offrire un sollievo al momento dell’incasso, generano poi i pagamenti negli esercizi successivi in quanto rappresentano fondi finalizzati alla realizzazione di determinate opere;
III – ampliare ulteriormente il margine corrente di 5,5 milioni per raggiungere l’obiettivo di patto manovrando al massimo l’imposizione tariffaria, azzerando completamente le funzioni non- fondamentali ed intaccando quelle fondamentali per la parte necessaria allo scopo; tutte azioni volte a creare situazioni di forti avanzi di amministrazione, quindi chiedendo di più ai cittadini del territorio e/o svolgendo minori servizi; oltretutto tali avanzi di amministrazione non potrebbero essere utilizzati/spesi sul territorio di riferimento.
Last but not least, forse la quarta via potrebbe essere la soluzione, ed è quella del non-rispetto del patto per impossibilità sopravvenuta in seguito al cambiamento delle regole a “partita in corso” che ha “spiazzato” lo scenario delle politiche incentrate sulla realizzazione delle opere pubbliche; del resto perché accanirsi sul “malato-provincia” al fine di creare forti avanzi di amministrazione ben superiori al livello delle sanzioni massime rappresentate dal 3% delle entrate correnti (nell’esempio 3,2 milioni che dovrebbero essere restituiti allo Stato) e continuare a far soffrire le imprese impegnate nella realizzazione delle opere pubbliche con ulteriori effetti depressivi sulla situazione economica generale ?
Come uscire altrimenti da questa nuova edizione della “trappola della liquidità” di keynesiana memoria degli anni trenta, pur a parti invertite ? Un vero e proprio ribaltamento della famosa fase “E’ possibile portare un cammello all’abbeveratoio, ma non lo si può costringere a bere”: nel momento attuale, infatti, il cammello è disposto a bere, manca la volontà di portarlo all’abbeveratoio !
Ancona, 1-3-2012 Dott. Lorenzo Torbidoni